Padre Giovanni Puggioni
Operazione Africa ODV
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Nasce a Borore (NU) il 16 giugno 1922. Consacrato sacerdote ad Alghero il 12 agosto 1945, entrò nella Compagnia di Gesù nel 1945, e dopo aver concluso la formazione teologica in Piemonte, viene poi destinato in Sardegna (Bonorva, Nuoro, infine Cagliari; in cui, nella Residenza di S. Michele, svolgerà la parte più feconda del suo intenso apostolato). Negli anni sessanta, quale responsabile regionale della Lega Missionari Studenti, inizia i viaggi nello Zaire, accompagnato da giovani volontari. Nel 1973 lancia la campagna “Operazione Mosango” che porterà alla costruzione del reparto di pediatria, il cosiddetto “Padiglione Sardegna” nello Zaire. La sua attività missionaria proseguirà negli anni successivi con la costituzione dell’associazione “Operazione Africa Onlus”, con la quale ha sostenuto numerosi missionari sardi in diversi continenti, e contribuito alla realizzazione di una serie di scuole e di strutture sanitarie, sopratutto nella R.D. del Congo, in Madagascar, in Ruanda. Complessivamente, effettuerà ben 18 viaggi missionari in vari paesi africani.
A Mosango, oltre alla realizzazione del “Padiglione Sardegna” va ricordato per la ristrutturazione della Maternità, per la realizzazione dell’acquedotto che approvvigionava l’intero ospedale ed il villaggio dei lebbrosi, oltre alla realizzazione di una scuola primaria modello. Sempre nella R.D. del Congo, ma a Tumikia costruì il Liceo professionale Kutomisa, un dispensario ed un orfanotrofio; a Budjala costruì una scuola professionale di 17 aule; a Polongo un altro grosso dispensario; a Jakamba fu realizzato un padiglione per tubercolotici. In Ruanda entrò in contatto con l’orfanotrofio di Nyundo, in cui diede assistenza agli orfani, vittime del tremendo genocidio del 1994, costruendo loro una grossa falegnameria. In Brasile lanciò “l’Operazione Esperança”, con la quale sostenne centinaia di giovani nello stato poverissimo del Maranhao..
Oltre che per l’attività missionaria va ricordato per l’intensa opera spirituale che ha svolto in tutta la Sardegna per oltre cinquant’anni. I cardini di questo ministero furono la diffusione della devozione al S. Cuore, della spiritualità del Cuore Immacolato di Maria, e la diffusione del rosario tra i giovani. Tanti lo ricordano per le sue qualità umane di accoglienza e di accompagnamento spirituale.
Dopo essere stato colpito da grave malattia nel 2003, proseguì il suo ministero con la sua offerta feconda al Signore, che lo chiamerà a sé a Milis (OR), il 18-02- 2009.


Credo che sia un debito di riconoscenza da parte mia, riportare una breve testimonianza per ricordare la figura, per certi versi atipica, di missionario, quale è stato P. Puggioni. Talvolta, si crede che i missionari operino in terre lontane, che sentiamo distanti da noi, non solo fisicamente ma anche culturalmente. P. Giovanni, invece, ha avuto il merito di rendere presenti ai sardi i gravi problemi di sussistenza di tanti altri esseri, soprattutto lebbrosi. Ce li ha fatti sentire vicini. Ha fatto entrare le loro immagini ed i loro moncherini nelle nostre case e nelle nostre scuole. Ci ha fatto capire che la loro sopravvivenza dignitosa dipendeva anche dalla nostra indifferenza o dalla nostra solidarietà. Non si poneva problemi a “buttarti” addosso una diapositiva “forte”. Forse, ciò poteva urtare la sensibilità di qualcuno più avvezzo ad un mondo di bambagia; forse, ma se non altro aveva il pregio di svegliare qualche coscienza intorpidita e troppo ripiegata sul proprio ombelico, davanti ai veri problemi della vita, di qualcuno che aveva l’unica sfortuna di essere nato qualche parallelo un po’ più a sud del nostro. L’intuizione di p. Giovanni è stata quella di non arrendersi mai davanti all’ovvio. Non ha mai accettato una logica inerte del tipo “Tanto non si può fare niente!”. Anzi, ha mobilitato la Sardegna intera, dapprima per la costruzione dell’ospedale Sardegna di Mosango, nell’allora Zaire (oggi R.D. del Congo), e poi, in altre strutture, sia sanitarie che scolastiche, che talvolta, hanno preso il nome dalla zona della Sardegna in cui furono raccolti principalmente i fondi. Basta dare uno sguardo alla brochure annuale di Operazione Africa per rendersi conto di quali siano state le realizzazioni e gli interventi in tutta l’area africana, oltre che in Europa dell’est e in Brasile. Un altro si sarebbe spaventato davanti all’enormità del compito, ma P. Giovanni amava le sfide, e più erano irrealizzabili, e più si esaltava, e più era capace di trasmettere speranza. Certo a modo suo. Un modo che spesso ha fatto storcere il naso a chi pretendeva di esportare tout court un modello europeo efficientistico in terra africana, senza rispettare quella gradualità di interventi che invece è necessario compiere, pena la costruzione di cattedrali nel deserto, che, infatti, hanno costellato per qualche decennio la cooperazione internazionale. Non si rispetta il bisognoso imponendogli la costruzione di strutture megalitiche, che non sarà poi capace di gestire in una qualche forma compartecipata; lo si umilia e basta; palesandogli la sua mancanza di competenze, così si accresce il suo risentimento; lo si calpesta seppur involontariamente, ricordandogli ancora una volta la sua condizione di inferiorità. No, p. Giovanni non è stato questo. Ci ha lasciato un’eredità non facile, perché coniugava fede e azione, preghiera e impegno, Sacro Cuore e lotta alla lebbra; l’attenzione verso l’altro più “prossimo” e lo sguardo verso quello più “lontano”. Il tutto condito da quella carica di umanità e accoglienza, che oggi tutti gli riconoscono. Certamente è stato un pioniere, uno degli ultimi pionieri in missione. Oggi quel mondo e quel modello di cooperazione non esiste più. Oggi si incontrano soprattutto dei “tecnici”, si richiedono competenze iperqualificate; certamente, nel nostro attuale contesto, sono necessarie e indispensabili, ma, talvolta, rischiano di spersonalizzare il rapporto personale con il “beneficiato”, il quale non può essere ridotto solo ad un numero percentuale di una qualche statistica, ma conserva un volto, un nome, una dignità, unito ad una carica di sofferenze e, talvolta, di ingiustizie che spiegano la sua condizione. P. Giovanni è stato capace di tenere uniti questi due aspetti. Questa è stata la sua forza, forse è stata anche la sua debolezza. Ma è la debolezza di quanti, poi la storia rende giustizia come i veri vincitori

P. Guglielmo Pireddu SJ

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